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Un diciottenne, di cui non conosciamo il nome, esce di casa, seduce una ragazza e inizia così immediatamente il suo percorso di autodistruzione, realizzato attraverso la distruzione del mondo femminile. Una discesa agli inferi e nell'abisso che diventa metafora di una demolizione dell'idea stessa di «essere umano», e che avviene passando ininterrottamente da una donna all'altra, seducendole, facendosi mantenere, devastandole e poi abbandonandole senza nessuna emozione, senza nessuna pietà, senza nessun rimorso, senza una cattiveria che presupporrebbe dei riferimenti etici che il protagonista di questa «autobiografia» non possiede. Un Raskol'nikov senza senso di colpa, un Humbert Humbert privo di qualsiasi devozione, raccontato in una formidabile «autobiografia» del male. Un romanzo breve, definito da alcuni critici una «macrofiction», nel quale non c'è morale perché la morale non esiste, dove l'etica lascia il posto a una realtà talmente inaccettabile da divenire paradosso e iperbole, dove la letteratura si mette al servizio di un progetto narrativo devastante. Segue la raccolta di «finzioni» Giochi di spiaggia, pubblicata in Francia nel 2002, che è una sorta di «prova generale» delle Microfictions che scaturiranno in seguito dal cervello di questo scrittore. Diciassette racconti che riversano addosso a chi legge destini, vite, perdite e rinascite che sembrano uscire dalle vene di chi non può fare a meno di immaginare e poi raccontare tutte le «vite degli altri». Narrazioni (o finzioni) che si rivelano spietate, lucide, allucinate, acide visioni di noi stessi.